Lo scricchiolio dell’altalena in disuso, la voce di mia madre che mi chiama e, che per l’ennesima volta mi dice “è tardi”, mentre sempre di più si avvicina l’ora in cui dovrò recarmi nella piccola stazione ferroviaria per il treno delle 7.37, il vociare dei bambini che giocano, interrotti solo dal rumore delle onde e quel sole che mi accarezza la pelle, sono i primi ricordi che mi sovvengono alla mente, quando ritorno nella città che mi ha cresciuto e dato i natali, Sorso.
SORSO: INTRO
Una città, di cui molti non avranno mai sentito parlare e che, anche per questo, merita di essere citata. Circondata nell’area Nord Occidentale della Sardegna, nel bel mezzo di oliveti e vigneti, a pochissimi chilometri dal mare questa città non dista molto da altri centri molto più conosciuti, come Alghero, Sassari e Castelsardo, ma non per questo è meno importante.
Pur non vantando la fama delle grandi città turistiche né la bellezza delle spiagge da cartolina, Sorso mantiene al suo interno un valore inestimabile, specie per chi come me ci è cresciuto. A partire da quella stazione ferroviaria, oggi simbolo del rientro, il posto dove ritrovo il legame indissolubile con le radici che mi legano a questa città, la quale, un tempo, rappresentava, invece, il punto di fuga, per studio o svago.
Proprio da qui, dove ogni giorno, dal lunedì al sabato, partivo con uno dei due treni della mattina per andare e tornare dalla vicina Sassari sino all’ormai lontano 2013, avviene il mio ingresso in città.
SORSO: TRA PASSATO E PRESENTE
Un luogo, per certi versi profondamente cambiato, mentre per altri sempre uguale. Da piccola, ad esempio, mi sembrava di vivere in un piccolo mondo racchiuso in sé stesso: il centro era caratterizzato da piccole boutique di prodotti artigianali locali, dove di solito mi recavo insieme a mia madre per comprare gioielli tipici o capi d’abbigliamento, lungo le strade della città si sentiva il vociare di qualche bambino che rimaneva a giocare sino al tramonto, mentre da lontano arrivava il rumore del treno, una vecchia littorina che, almeno sino al 2014, è stato uno dei mezzi di trasporto verso la vicina Sassari.
Oggi, tornando, mi accorgo che molte di quelle scene appartengono a un passato che non esiste più. I negozi storici hanno lasciato spazio a catene di supermercati e alcuni locali sono chiusi da anni, come quel negozio di fotografia, in cui ero solita andare per le fototessera, mentre le piazze sono più silenziose e le strade meno affollate. Eppure, qualcosa resiste.

I LUOGHI STORICI
I bar storici restano punto di incontro per gli abitanti e alcuni angoli del centro conservano ancora il fascino di un tempo. Mi basta percorrere la via principale, la cosidetta Viale Cottoni per rendermi conto di ciò. Prima tappa immancabile è un piccolo bar, poco distante dall’ingresso principale della ferrovia, la cosiddetta pasticceria Carruccio, un punto di richiamo nell’area commerciale della città, dove anche oggi sono tornata, come sempre, per le sue inimitabili pizzette di sfoglia.

Segue la solita visita al mercato del venerdì: una lunga strada piena di bancarelle con oggetti di ogni tipo. Nonostante questo luogo oggi non occupi le strade centrali di Sorso, sentire quei profumi è una sensazione unica che mi riporta a quando ero bambina.
Da qui è un flusso di ricordi che si accendono ogni qualvolta il mio sguardo incrocia con un luogo del passato. Il percorso che seguo non ha una linea definita, ma dipende sopratutto da quelli che sono i miei bisogni del momento: incontrare un’amica, fare la spesa, oppure recarmi verso la vicina Sassari. Si può dire, infatti, che Sorso sia suddivisa in più aree: c’è il centro storico, caratterizzato da semplici case di tufo e stradine lastricate da ciottoli di fiume e poi c’è la periferia, quella in cui, si trovano i Parchi più grandi, i centri commerciali oppure i monumenti più antichi.
La maggior parte delle volte che torno in città, non posso fare a meno di percorrere la via principale che dalla stazione ferroviaria arriva a Piazza San Pantaleo,
cuore discreto ma pulsante del centro storico
. Un tempo punto d’incontro per andare in chiesa o fare un giro per il centro, oggi quella piazza è ancora lì, con lo stesso fascino discreto di allora, rimasto intatto nonostante il passare degli anni. I piccoli caffè ai suoi lati sembrano voler trattenere il tempo, con i tavolini sparsi al sole e il profumo di caffè che si mescola alle chiacchiere lente degli anziani seduti sulle panchine. Loro, con lo sguardo quieto e la memoria lunga, sembrano conoscere ogni storia passata da lì.


Ma è la chiesa di San Pantaleo, che dà il nome alla piazza, a dominare la scena. Solenne ma mai severa, si erge al centro come un vecchio custode che ha visto crescere generazioni. Le sue nicchie, abitate dalle statue degli apostoli, sembrano guardare il mondo con occhi immobili, silenziosi testimoni di epoche che si susseguono
Lungo la strada, attraverso anche la vecchia piazza — quella dove, anni fa…
trascorrevo i pomeriggi a chiaccherare con le amiche e che oggi, come allora, è protagonista di una delle feste più importanti dell’anno, Calici di Stelle. Semplici case di tufo e stradine lastricate da ciottoli di fiume sono ciò che distinguono quest’area rispetto al resto della città.
Uno degli monumenti più rilevanti, è il seicentesco Palazzo Baronale, il più grande edificio civile presente a Sorso, il quale conserva al suo interno alcuni reperti dell’antico villaggio di Sèrra Niéddha. Ogni volta che passo qui di fronte è come se il tempo si riavvolgesse e mi riportasse a quei momenti in cui mi trovavo spesso a percorrere queste stesse strade per andare a casa di una delle mie amiche oppure nel centro Giocattoli dove tuttora compro qualche regalo per i nipoti.

Tornare a Sorso, significa, però anche fare un salto nella contemporaneità. Se il centro storico conserva ancora gran parte della sua identità originaria, in altre zone della città, soprattutto nelle aree più periferiche si scorgono piccoli cambiamenti che provano a restituire vita a spazi dimenticati.
Uno tra i tanti esempi è il Parco Vita, un’enorme area verde, situata nella strada che dal centro porta sino alla spiaggia, dove non solo si può correre, ma si possono portare i cani a spasso, giocare a Basket e si organizzano eventi di musica; non si tratta però dell’unico, un modo come un altro, per dare anche a Sorso uno slancio di modernità, ma senza cambiare la sua anima.

Le tradizioni, soprattutto quelle legate alla cucina e alle feste popolari, sono sempre vive, come se, durante le celebrazioni, il passato e il presente si fondessero in un unico abbraccio che racconta la storia della comunità.
Una di queste è quella che si riferisce alla Madonna di Noli Me tollere (non mi toccare). Secondo la leggenda, sembrerebbe che nel lontano 26 maggio del 1208, la Madonna apparve ad un signore chiedendogli di recarsi in città per annunciare il suo arrivo. Il contadino, da sempre sordo muto , pensava di non poter accontentare la richiesta della Madonna in realtà quando si recò in paese, subito iniziò a parlare. Per questo i contadini, decidero di fare un santuario in un posto diverso da quello in cui si trovava il contadino. La stessa madonna, però, comparve e riapparve nello stesso luogo almeno 2 volte ed è per questo che da allora è rimasta lì col nome di Noli Me Tollere (non mi toccare).
E poi c’è la natura, che avvolge Sorso come una madre premurosa. Le colline verdi che la circondano, la campagna che si estende fino all’orizzonte e quel mare che dista solo pochi chilometri sono il paesaggio che mi ha visto crescere e che tuttora mi accoglie. Ogni volta che torno, fatti i dovuti saluti alla famiglia e agli amici che non vedo da tempo, trovo sempre un momento, poco dopo l’alba o prima del tramonto per recarmi verso quella stessa spiaggia dove ho trascorso gran parte delle mie estati. Lì, lascio che la brezza marina accarezzi ancora una volta il mio viso in una sorta di saluto silenzioso e intimo.
Successivamente riprendo il cammino verso il centro, una strada lunga e dritta, circondata alberi di ulivo e di mimose, che mi accompagna verso quella stessa altalena che un tempo rimasta in disuso e abbandonata, circondata da altri giochi arrugginiti e panchine vuote, oggi ha ripreso pieno vigore, colma delle risate dei bambini che si dondolano spensierati, segno che Sorso sta cercando di trovare un nuovo equilibrio tra passato e futuro. Ed è qui che ritrovo una sensazione che mi fa sentire a casa, in un modo che solo Sorso sa fare

Lo scricchiolio dell’altalena in disuso, la voce di mia madre che mi chiama e, che per l’ennesima volta mi dice “è tardi”, mentre sempre di più si avvicina l’ora in cui dovrò recarmi nella piccola stazione ferroviaria per il treno delle 7.37, il vociare dei bambini che giocano, interrotti solo dal rumore delle onde e quel sole che mi accarezza la pelle: sono i primi ricordi che mi sovvengono alla mente, quando ritorno nella città che mi ha cresciuto e dato i natali, Sorso.
SORSO: INTRO
Una città, come dimostrano i numeri, di soli 15.000 abitanti, situata nell’area Nord Occidentale della Sardegna, nel bel mezzo di oliveti e vigneti, a pochissimi chilometri dal mare e da altri centri molto più conosciuti, come Alghero, Sassari e Castelsardo, ma non per questo meno importante.
Pur non vantando la fama delle grandi città turistiche né la bellezza delle spiagge da cartolina, Sorso conserva un valore non quantificabile nelle menti di chi come me ci ha vissuto e la porta nel cuore, che riemerge ogni qualvolta ritorno qui e , seppur per brevi periodi, ripercorro i luoghi della mia infanzia e adolescenza. A partire da quella stazione ferroviaria, oggi simbolo del rientro, il posto dove ritrovo il legame indissolubile con le radici che mi legano a questa città, la quale, un tempo, rappresentava, invece, il punto di fuga, per studio o svago.
Proprio da qui, dove ogni giorno, dal lunedì al sabato, partivo con uno dei due treni della mattina per andare e tornare dalla vicina Sassari sino all’ormai lontano 2013, avviene il mio ingresso in città.
SORSO: TRA PASSATO E PRESENTE
Un luogo, per certi versi profondamente cambiato, mentre per altri sempre uguale. Da piccola, ad esempio, mi sembrava di vivere in un piccolo mondo racchiuso in sé stesso: il centro era caratterizzato da piccole boutique di prodotti artigianali locali, dove di solito mi recavo insieme a mia madre per comprare gioielli tipici o capi d’abbigliamento, lungo le strade della città si sentiva il vociare di qualche bambino che rimaneva a giocare sino al tramonto, mentre da lontano arrivava il rumore del treno, una vecchia littorina, che sino all’età di 21 anni dal lunedì al sabato mi ha accompagnato nei miei tragitti da pendolare tra Sorso e Sassari.
Oggi, tornando, mi accorgo che molte di quelle scene appartengono a un passato che non esiste più. I negozi storici hanno lasciato spazio a catene di supermercati e alcuni locali sono chiusi da anni, come quel negozio di fotografia, in cui ero solita andare per le fototessera, mentre le piazze sono più silenziose e le strade meno affollate.
Il mercato del venerdì mattina che un tempo occupava il centro della città, portandolo a riempirsi di voci e colori, oggi sembra un luogo di passaggio senza la stessa vitalità. Infine, quello stesso treno che sembrava quasi un monumento è stato sostituito da treni più moderni e meno problematici rispetto a quelli del passato.
I LUOGHI STORICI
Eppure, nonostante tutto, qualcosa resiste. I bar storici restano punto di incontro per gli abitanti e alcuni angoli del centro conservano ancora il fascino di un tempo. Mi basta percorrere la via principale, la cosidetta viale cottoni che prosegue poi con Corso Vittorio Emanuele II, dal nome di due noti politici italiani, per rendermi conto di ciò. Partendo dalla stazione, mi immergo in un’atmosfera fatta di sapori che mi riportano indietro nel tempo, come quelli delle pizzette sfoglia della famosa pasticceria Carruccio, un piccolo bar giusto al lato dei binari della ferrovia che da anni ormai rappresenta un fiore all’occhiello per chi è nato e cresciuto qui.

Segue il profumo del caffè proveniente dai locali posizionati sulle due piazze di San Pantaleo e Sant’Agostino, due luoghi che caratterizzano il cuore pulsante di Sorso, e quell’odore di incenso che partendo dalle principali chiese corre anche nei vicoli del centro storico. In particolare mi soffermo di fronte alla chiesa di San Pantaleo: qui, dove per anni mi sono recata per partecipare alla messa della domenica o semplicemente fare due chiacchiere con una delle mie amiche, resiste immutata con quella bianca facciata, abbellita dalle nicchie dove si scorgono le statue degli apostoli, e oggi, come in passato, diventa protagonista indiscussa in occasione della festa dell’omonimo patrono della città.

IL VALORE DELLA RELIGIONE
D’altronde, Sorso preserva un legame speciale col culto: oltre alle celebrazioni dedicate a San Pantaleo, il 27 luglio, ogni anno, il 26 maggio, la città riserva un momento di speciale solennità alla madonna di Noli Me Tollere, la cui apparizione nel lontano 1208 permise ad un muto di riottenere il dono della parola.
Gran parte dei festeggiamenti si svolgono, sempre su una piazza, a pochi metri da quella di San Pantaleo, la cosidetta piazza dei Cappuccini, dove soprattutto negli ultimi anni ho avuto modo di recarmi per partecipare alla messa di Natale e rimanere, a distanza di tempo, ancora una volta, esterrefatta dalla bellezza della statua dedicata proprio alla Madonna di Noli Me Tollere.
Allo stesso tempo ci sono nuovi tentativi di valorizzare la città, con spazi rinnovati e iniziative per rendere Sorso non solo più vivibile ma una città tutta da (ri)scoprire. Proseguendo sulla via dei cappuccini verso l’incrocio con via marina, giusto di fianco al cimitero della città, dove un tempo c’era solo un piccolo parcheggio, è stato inaugurata da poco un’enorme area verde, dove non solo si può correre, ma si possono portare i cani a spasso e giocare a Basket, dando anche a Sorso un po’ modernità, ma senza cambiarne la sua anima.

Le tradizioni, soprattutto quelle legate alla cucina e alle feste popolari, sono sempre vive, come se, durante le celebrazioni, il passato e il presente si fondessero in un unico abbraccio che racconta la storia della comunità.
Tra tutte non posso dimenticare Calici di stelle, la quale non solo apre il mio palato ad un’esplosione di gusto, di fronte alle varietà di vino locale, ma mi permette di camminare ancora una volta sulle poche e strette strade ciotolate di epoca medioevale che si nascondono accanto a Viale Cottoni.
LA NATURA
E poi c’è la natura, che avvolge Sorso come una madre premurosa. Le colline verdi che la circondano, la campagna che si estende fino all’orizzonte e quel mare che dista solo pochi chilometri sono il paesaggio che mi ha visto crescere e che tuttora mi accoglie. Ogni volta che torno, fatto i dovuti saluti alla famiglia e agli amici che non vedo da tempo, trovo sempre un momento, poco dopo l’alba o prima del tramonto per recarmi verso quella stessa spiaggia dove ho trascorso gran parte delle mie estati. Lì, lascio che la brezza marina accarezzi ancora una volta il mio viso in una sorta di saluto silenzioso e intimo.

Successivamente riprendo il cammino verso il centro, una strada lunga e dritta, circondata alberi di ulivo e di mimose, che mi accompagna verso quella stessa altalena che un tempo rimasta in disuso e abbandonata, circondata da altri giochi arrugginiti e panchine vuote, oggi ha ripreso pieno vigore, colma delle risate dei bambini che si dondolano spensierati, segno che Sorso sta cercando di trovare un nuovo equilibrio tra passato e futuro. Ed è qui che ritrovo una sensazione che mi fa sentire a casa, in un modo che solo Sorso sa fare

